Femca Cisl, le difficoltà per il caro energia. Fabrizio Framarini confermato segretario generale

Femca Cisl, le difficoltà per il caro energia. Fabrizio Framarini confermato segretario generale

Un appuntamento di ripartenza, per far i conti con le nuove sfide, a partire dal caro bollette. Questo il leitmotiv del VI congresso regionale di Femca Cisl, riunito a Terni con lo slogan “Esserci per cambiare – cambiare per esserci”. Al congresso sono intervenuti, oltre al segretario regionale Cisl dell’Umbria, Angelo Manzotti, il segretario nazionale Femca Cisl Giovanni Rizzuto e il segretario uscente Fabrizio Framarini. Framarini è stato confermato alla guida della categoria, nella riunione svoltasi a valle del VI congresso regionale Femca. A completare la squadra Chiara Lattanzi (Cardinalini Spa), Cristiano Alcini (Novamont), Alessandro Rosati (Vetreria O-i), Luca Falleri (Umbra Acque). Simone Sassone confermato alla guida del comparto Moda, con delega anche all’artigianato.

Il ritorno al periodo pre pandemico non è così scontato – ha detto il segretario Fabrizio Framarinie dovremo fare tesoro di alcuni elementi che la pandemia ci ha insegnato. Il primo è lo smart working, che è un valido strumento che permette la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e, in secondo luogo, la cogestione delle imprese tra direzioni aziendali e lavoratori. Questo fronte sinergico non deve essere abbandonato”.

Strategiche per la ripartenza – ha continuato Framarinisaranno le risorse del Pnrr e non potranno essere sprecato. Per questo serve un governo che sappia interloquire con le istituzioni europee da protagonista. Le direttrici di questo rilancio dovranno essere la sostenibilità economica, quella ambientale e soprattutto quella sociale. Parliamo di una transizione ecologica che non potrà essere fatta a prescindere dalle persone. L’ambiente di lavoro e la sicurezza devono essere al centro dell’attenzione, sulla sicurezza infatti non si può smettere di investire”.

Linea rossa tra i mondi rappresentati da Femca il caro bollette. “Nel sistema moda si stava cogliendo un segnale di ripresa, ma come per tutti i settori produttivi, l’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime sta rallentando se non fermando, questa ripartenza. Anche questo comparto, inoltre, è chiamato a cambiare paradigma all’insegna della sostenibilità”. “Soffrono dell’aumento dell’energia sia le aziende del settore gomma plastica, sia quelle che producono vetro, che non possono spegnere i forni, a differenze delle aziende ceramiche, che pur con molti ordini da smaltire, hanno fermato l’attività produttiva perché i costi dell’energia e delle materie prime annullavano gli utili. Come si pensa di intervenire? Tra dicembre e gennaio sono stati vanificati quasi tutti gli sforzi e i positivi risultati ottenuti nel secondo semestre 2021”.

Da non sottovalutare il tema della sostenibilità idrica: “Una risorsa talmente preziosa che nelle tubature ne perdiamo una gran percentuale. In Umbria troppe aziende, serve ragionare in una ottica complessiva e non parcellizzata”. In Umbria infatti “si paga la dimensione nominale delle aziende, come il distretto del cachemire che manca di un coordinamento che ne indirizzi le azioni. Il distretto della maglieria di Perugia nel primo semestre dello scorso anno aveva incrementato di circa il 15% le esportazioni, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente per un totale di 220 milioni di euro di esportazioni, anche se il divario con il 2019 ovviamente permane ed è di circa il 10%. A preoccupare è anche la sempre più marcata perdita di profili professionali esperti e questo rappresenta già oggi un problema. Sono sempre di più le aziende che non riescono a trovare personale; si presenta quindi anche nella nostra regione quel  mismatch tra una offerta di lavoro che cerca personale formato e con determinate competenze e una domanda di lavoro che ha caratteristiche completamente diverse”.

Sul comparto chimico, un cenno a tutte le vertenze, fino alla Treofan, quella che preoccupa di più: “Abbiamo provato in tutti i modi di spiegare a Jindal che a Terni aveva una grossa opportunità cioè quella di fare una transizione di processo e prodotto che da altre parti non aveva e non ha. Sarebbe stato un esempio di transizione indolore e avrebbe dato alla multinazionale indiana un vantaggio competitivo importante. Purtroppo l’arroganza dimostrata dal gruppo non ha permesso che ciò accadesse. In Italia, oltre a berciare quando una multinazionale chiude, pare non si possa poi fare tanto altro a livello legislativo per impedirlo. Qualcuno si aspetta che a risolvere la situazione, come accade in altri ambiti, ci possa pensare la magistratura. Il problema è che qualora questa accadesse, il lavoro del 122 dipendenti non potrebbe restituirlo nessuno. Sarebbe utile impegnare un’azienda che ne se vuole andare, ad agevolare le condizioni per la reindustrializzazione, includendo la riconversione dei dipendenti. A breve scadrà il primo anno di cassa integrazione e ne stiamo concordando un altro, ma nessuna novità è emersa dal tavolo”.

Serve – prosegue Framariniun progetto di rilancio del polo chimico, che coinvolga l’Università”. Priorità di Femca Cisl sarà anche irrobustire le prime linee sindacali per impegnarsi sul territorio”.

Veniamo da dieci anni di crisi economica – ha detto Manzottiaggravato dalla pandemia. Veniamo anche da una situazione di globalizzazione, che ha ignorato la forza lavoro. In Umbria c’è ancora tanta disoccupazione e lavoro in somministrazione. Da una stima, noi abbiamo perso 15mila posti di lavoro. Serve un lavoro stabile e ben professionalizzato, investendo in formazione continua”.

 “La fase congressuale della Femca, che si chiude con l’Umbria – ha detto il segretario nazionale Giovanni Rizzutoè stato un momento di grande partecipazione. Siamo organizzazione sindacale, quali altri soggetti sono in grado di dare un ruolo di partecipazione ai lavoratori? Forte il nostro impegno contro il dumping contrattuale. In Italia c’è una proliferazione di contratti pirata. In questa tempesta perfetta si innesta la questione del salario minimo. Sugli aumenti i lavoratori pagano due volte: i costi diretti e quelli aziendali, con le imprese che mettono in cassa integrazione”.